“Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”
Frase iconica del celebre film d’animazione della Walt Disney Pictures in cui Grimilde, la strega di Biancaneve interroga lo specchio in cerca di conferme. Con un evidente problema di autostima, la regina vede giungere i quaranta e si rende conto che non ha più la pelle liscia come quando aveva sedici anni (se non soffri di acne, Grimi-cara).

Sorvolando sul consiglio che darei alla Queen di parlare con un’ottimy psicology, piuttosto che far perseguire una ragazzina, il problema della nostra non-amica regina è annoso e lo abbiamo avuto tutty almeno una volta.
Intendo quello di specchiarsi, ovviamente. Nel mio caso specifico ho avuto un rapporto di odio quasi totale (escludiamo naso, occhi e bocca) nei confronti della mia immagine riflessa. Ci ho messo più di trent’anni a capire il motivo, ma anche da quando l’ho compreso il viaggio che intraprendo tutt’ora non è scevro da salite e tornanti.
I (DON’T) LIKE TRAINS
Ma come sarebbe a dire che adesso non sei contento della tua immagine? Insomma, vuoi dire che mi rompi le scatole con questo blog, con la terapia ormonale, e comunque non sei contento?

Freeena i motori, belly! Partiamo da un presupposto: non sono mai stato più felice di così guardandomi allo specchio. Se evito di guardarmi il torace, che mi crea disforia, sorrido, mi osservo, e penso “son proprio bellino”. Chi mi conosce sa che questo sia INCREDIBILE, ma ci sono delle piccole battaglie che ancora oggi combatto con me stesso al mattino.
- Che mi metto?
Ho rivoluzionato del tutto il mio guardaroba, e indosso felicemente tute, pantaloni morbidi, camicie, maglioni. MA, le camicie posso indossarle solo sotto a un maglione. L’ultimo bottone non si chiude mai perché ho i fianchi larghi; se le prendo più grandi perché non mi stiano attillate sul torace, ovviamente la spalla scende di diversi cm rispetto a dove dovrebbe essere. I jeans mi piacciono molto ma non posso prenderli da uomo perché hanno la vita troppo alta. Mi stanno stretti sui fianchi e larghissimi sul punto vita. Quelli da donna, invece, tendono a fasciarmi le gambe e non sono a mio agio. A volte devo semplicemente decidere se avere qualcosa da indossare, anche se non mi piace, per poter andare a lavoro. - Make-up sì o no?
Io adoravo truccarmi. Quando mi occupavo del progetto di LARP di Gea Proxy Live in cui la parte di trucco era preponderante, semplicemente amavo occuparmene. Ero uno shopper compulsivo su ombretti, rossetti liquidi, illuminanti… Come ho detto di recente andando in un negozio di trucchi: “Ho abbastanza prodotti per approvvigionare una profumeria”.
Ma quando ho capito la mia identità, la prima cosa che ho fatto – in assoluto – è stato accantonare il make-up. Non volevo dare altre “armi” alle persone per potermi identificare come donna, e il trucco purtroppo portava ly altry in quella direzione. Se anche solo mettevo un’ombra di matita sugli occhi, come fa qualsiasi cantante punk – coglievo espressioni dubbiose da parte di chi conosceva il mio percorso come a dire “Ma come, non vuoi essere uomo? Perché ti trucchi?” - Smalto sulle unghie
Similmente al make-up, per me lo smalto ha sempre rappresentato dei piccoli atti di ribellione. Io sono il primogenito di una famiglia composta da quattro figliy, e facevo le medie a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Zero. Al tempo i miei genitori erano più severi con me, e non approvavano né trucco, né smalto. Ricordo ancora con affetto la prima trousse che mi regalò mia zia, regalo che generò diverse polemiche a casa… Il suo fu un atto di ribellione per me, e io da quel momento ogni qual volta volevo sentirmi un po’ ribelle mettevo lo smalto. Ma avere le unghie colorate, dopo il coming out, ha fatto un po’ lo stesso effetto del make-up e io continuavo a sentirmi giudicato. Così nei mesi l’ho messo raramente.
Cosa voglio raccontarti con questi tre aneddoti?
Che siamo profondamente invischiaty negli stereotipi (per il punto 2 e 3) e che la nostra società è estremamente binaria.
Che il mio percorso non è solamente abbracciare la mia identità di genere, ma fare un enorme lavoro di decostruzione. Pezzo dopo pezzo devo smantellare la cultura con cui sono cresciuto, di cui la società era – ed è – intrisa. Che ci fa sentire giudicaty anche quando – magari – giudicaty non lo siamo davvero. Alla fine, è la mia insicurezza, il mio timore, che mi frena dal mettermi lo smalto o farmi il make-up. Ma anche lo stress sociale che a volte mi costringe a scegliere tra non sentirmi chiamare “signora” o indossare felicemente la matita sugli occhi.
Che non avere vestiti per corpi non-conformi, o di difficile reperibilità se non abiti in un grande centro abitato, restringe la possibilità di guardarti allo specchio con soddisfazione. Infagottato in abiti troppo grandi che mascherino il torso e rendano le linee più dritte.
Che il mio corpo non è un corpo sbagliato. È il mio corpo e semplicemente vorrei sentirmici comodo dentro.
Che io non desidero “finire un percorso”. Mi è successo di sentirmi dire, nei momenti di quotidianità, che potrei fare tutti gli interventi per “diventare ciò che voglio essere”.
È questo il problema della nostra società: o sei bianco, o sei nero.
O sei uomo: senza utero, con un pene, con la barba, con un torace scolpito…
o sei donna: con un utero, senza un pene, senza barba, con un seno (possibilmente abbondante che hai da allattare).
Io non voglio essere né bianco né nero. Dentro di me, quando la mattina mi sveglio, mi guardo allo specchio e sono felice perché vedo i lineamenti che cambiano e assomigliano a quello che avevo sempre desiderato. Ma non voglio essere “uomo” come ly altry pensano che io debba essere. Voglio rivendicare il mio diritto a truccarmi, se mi va. A mettermi lo smalto, se mi va. A tenermi l’utero, se mi va.
Sono uscito da una scatola stereotipata, e quello con cui combatto tutti i giorni, è cercare di non entrare dentro un’altra scatola stereotipata.
E tu? Ti senti inscatolaty?
Spero che l’articolo ti sia piaciuto, abbia lasciato qualcosa, magari un po’ di rabbia e quel senso di ingiustizia e disagio che le persone trans* spesso provano e combattono. Che ti abbia sollevato soprattutto domande, che tu voglia di saperne di più.
Adesso tocca a te! Scrivimi: hai feedback, suggerimenti, domande, critiche costruttive? Fallo qui: ngl.link/jorytelling2 oppure se preferisci puoi usare la mail jorytelling@gmail.com, o i messaggi diretti su @jorytelling,
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Jonathan