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#IoSono, Voglio Essere Me

Percorso di Affermazione di Genere.

Cos’è? Un percorso, con strade curve, strette, qualche discesa, molte salite.
Con quale obiettivo? Affermare la mia identità di genere¹
Perché farlo? Perché ad un certo punto ho capito il mio Io, quello Vero, e delle bugie mi ero stancato.

Il percorso di affermazione di genere io lo accosto mentalmente alla corsa ad ostacoli.

Da piccolo i miei genitori hanno tentato di togliermi dal divano e dai libri con la podistica, e ricordo quei cavalletti di ferro tinti di bianco e rosso con un certo disgusto. Eppure, molti anni dopo ho deciso di fare un altro tipo di corsa ad ostacoli.

Dirai: “E’ meno faticosa questo qua!”

Col cavolo!
(Chi coglie la citazione dell’immagine vince 1000 punti)

Mi risuonano in mente delle parole che in tempi “non sospetti” mi riportò la mia psicologa:

Un giorno una persona trans* mi disse che se non avesse intrapreso questo percorso, ne sarebbe morta… e io pensai a quanto coraggio avesse avuto questa persona per affrontare un cambiamento del genere.

Quanto coraggio.

Ora, è risaputo che io abbia una PESSIMA memoria. Posso interpellare fior di testimoni pront3 a supportarlo. Amic3, collegh3, parenti… Eppure, quelle due parole mi si scolpirono in mente come su pietra, e ogni tanto, d’improvviso, venivano a solleticarmi.

Perché?

Perché non riuscivo a capire davvero cosa significassero. Mi chiedevo… ma perché coraggio? Per essere sé stess3? Non dovrebbe essere semplicemente liberatorio?


Cosa sanno le persone del percorso di affermazione di genere?

In questi giorni ho fatto qualche sondaggio sui social, per preparare l’uscita di questo articolo. Te li riporto qua.

> Sondaggio n° 1

“Sai cos’è il percorso di affermazione di genere?”

  1. Si                           (100% dei voti)
  2. No
  3. Non sono sicur*
> Sondaggio n° 2

“Cambiare nome o genere per una persona trans*…”

  1. Basta andare in comune con una autocertificazione (50% dei voti)
  2. Si può andare in comune ma dopo una sentenza (50% dei voti)
  3. Si può cambiare il nome ma non il genere
> Sondaggio n° 3

“Voglio cambiare parte del mio corpo trans*”

  1. Pagando si può fare tutto, come la medicina estetica
  2. Serve un’autorizzazione del tribunale (60% dei voti)
  3. Una visita psichiatrica e si ha il via libera (40% dei voti)

Ti condivido un elemento che a me personalmente ha incuriosito, e cioè che al terzo sondaggio hanno votato il triplo delle persone che avevano votato al primo e al secondo, segno che evidentemente è un tema che sta più a cuore delle persone.

Al sondaggio n° 1 non c’è una risposta giusta, mentre al sondaggio 2 quella corretta è la 2 – quindi solo dopo una sentenza del tribunale – e al sondaggio 3 la risposta corretta è sempre la numero 2, quindi serve sempre una sentenza del tribunale.


Quali sono gli step per ottenere il cambio anagrafico e l’autorizzazione agli eventuali interventi chirurgici?

Cerco di essere il più basico possibile, per non farti fare il giro della giostra. Io ci ho impiegato diversi mesi a capirlo.

  1. Bisogna rivolgersi ad un* psicoterapeuta specializzata in percorso di affermazione di genere (meglio se non ha una visione “binaria” ² ma sia aperta a tutte le identità di genere).
    Per trovarl* si deve sbattere i tacchi con delle scarpette rosse per tre volte di seguito, porre un dito sopra la testa e girare su sé stess3. Nel mio caso mi è venuto in aiuto – mentre ero disperato – il CEST, Centro salute Trans* e Gender Variant, direttamente tramite il presidente Miki Formisano, dopo un primo tentativo fallimentare con un’altra associazione.
  2. Dopo alcuni mesi di terapia psicologica, accertata la presenza di una disforia di genere, viene rilasciata dall* psicoterapeuta la diagnosi di disforia di genere (il termine diagnosi fa accapponare la pelle, però purtroppo al momento ce lo dobbiamo tenere, grazie al DSM5)
  3. Con la diagnosi di disforia di genere, se una persona trans* vuole, può iniziare la terapia ormonale desiderata e concordata con l’endocrinolog*
  4. Nel durante, le sedute con l* psicoterapeuta proseguono se si vuole fare il cambio anagrafico o autorizzare gli interventi chirurgici, perché per il tribunale serve quella che viene chiamata “relazione psicologica finale”, uno dei documenti necessari per poter richiedere il cambio anagrafico. La relazione viene rilasciata dopo almeno 6/12 mesi di percorso, a seconda di quali linee guida stia seguendo l* professionista. Esiste il WPATH (protocollo internazionale) e l’ONIG (protocollo nazionale). Nemmeno a dirlo, quello nazionale è vecchio, inadeguato e restrittivo.
  5. Dopo qualche mese di terapia ormonale l’endocrinolog* rilascia anche la sua relazione su come stia andando l’assunzione di ormoni da parte della persona trans*, sempre per il tribunale (noi, di tutte queste carte ne faremmo volentieri a meno)
  6. Se si vuole cambiare nome, genere e/o autorizzare gli interventi, a questo punto bisogna rivolgersi a un’avvocat*. Se hai un reddito sotto i 12.838,01 euro, puoi accedere al gratuito patrocinio, altrimenti ti paghi le parcelle. C’è da dire che molti studi che supportano la causa trans* aiutano con degli onorari ribassati per venirci incontro. Si iniziano a raccogliere tutti i documenti, estratto di nascita, atti di matrimonio, residenza, diagnosi di disforia, relazione psicologica finale (a volte anche intermedia), e relazione endocrinologica. A questo punto, si va a depositare l’atto in tribunale. E qui partono altri 500 euro.
  7. Finito, dirai tu. Col cavolo! Se non sei sposat* magari aspetti un paio di mesi o meno, altrimenti ne devi attendere altri quattro (tieni conto che fino al punto 5 potrebbero essere passati anche un paio d’anni, soprattutto se fai il percorso con il SSN), solo per la prima udienza. Da lì, ogni causa è a parte e dipende dal singolo tribunale e anche dall* singol* giudice.
  8. Se tutto va liscio – caso raro – l* giudice si fa bastare i documenti che hai portato, non nomina una CTU (commissione tecnica d’ufficio, perché non è convint* della bontà delle dichiarazioni e ne vuole un’altra esterna – che ti pagherai tu, salatissima, anche fino a 1200 euro), e si arriva dopo diverse fasi alla sentenza. Che deve passare in giudicato, che deve essere inviata al tuo comune di nascita, che lo dice all’agenzia dell’entrate, che rilascia il codice fiscale… al mercato che mio padre comprò.
  9. Bene, ho la sentenza in mano, ho il mio codice fiscale, adesso posso andare a fare il giro delle sette chiese per cambiare: documento d’identità, patente, cassetto fiscale inps, etc. E posso anche finalmente mettermi in lista d’attesa – con il SSN o nel privato – per una o più operazioni a cui sono eventualmente interessato. SOLO adesso. E indovina quanto sono lunghe le liste d’attesa nel pubblico?

Per dare un’idea, la chirurga più quotata d’Italia (son una dozzina, circa, l3 chirurgh3 specializzati in mascolinizzazione del torace) ha la PRIMA VISITA per valutare il caso nel 2028.
Lo ripeto: DUEMILAVENTOTTO solo per la prima visita. Dalla prima visita passano circa 18 mesi per l’intervento. Indovina quante persone devono mettere mano al portafogli?

Ora, capisci perché è anacronistica quella storiella che qualcuno racconta per cui “eh ma se io mi sveglio al mattino e voglio cambiare sesso, vado in comune”?

Ecco perché “ci vuole coraggio”. Perché oltre a fare coming out, molteplici volte, sentirsi chiamare – spesso in buona fede, eh – con il deadname, sentirsi appellare “signora” tutte le volte che leggono il tuo nome in un elenco telefonico o sul codice fiscale… c’è tutta questa trafila da fare, solo per giungere al traguardo di potersi riconoscere in un nome e in un corpo (del tutto, in parte, ogni caso è differente).

Molti paesi europei fanno delle pratiche semplificate, che si chiamano di “autodeterminazione”. Cioè che non ho bisogno di visite psichiatriche, tribunali, endocrinolog3, per definire la mia identità.

Certo che un percorso psicologico mi può aiutare, ma quello dovrebbe essere la base per tutte le persone per qualsiasi fase della propria vita che li stia mettendo in discussione. Le persone che hanno problemi di autostima non è che però gli impediamo di fare carriera lavorativa se non fanno sei mesi di sessioni dall* terapeuta, o no?


La biologia di Schrodingher

Vorrei aggiungere un dettaglio. Io sono una persona AFAB, il che significa che ho un apparato uterino, e non ho una prostata. Tu dirai: embè?

C’è che il SSN manda i richiami per i pap test o ecografie al petto in base alla letterina che c’è sul documento d’identità, M/F.

Per cui, quando io cambierò i miei dati anagrafici, e avrò la M…

… non mi arriveranno più i richiami per il pap test ma mi arriveranno quelli per la prostata.

Che io NON HO!

Perché il nostro registro sanitario – diversamente dall’Agenzia delle Entrate o dalle forze dell’ordine, che sanno tutto di noi persone trans* visto che c’è l’annotazione di cambio anagrafico ovunque – non tiene più traccia della mia biologia. E questo è un problema enorme dal punto di vista della prevenzione della salute. E ovviamente viceversa per una donna trans* arriverà la richiesta di fare la mammografia ma non il controllo alla prostata, che per i tumori è importantissimo…

Insomma, siamo *molto* indietro.

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma vorrei andare in approfondimento su temi che ti hanno incuriosito durante la lettura : se ti sono sorti dubbi, domande, puoi segnalarmeli nei commenti qua sotto, alla mail jorytelling@gmail.com, al caro vecchio instagram @jorytelling, altrimenti ho aperto un canale di comunicazione anonimo: https://ngl.link/jorytelling2

A presto!


¹identità di genere: Senso intimo e profondo di appartenere ad un genere; si intende la percezione di sé, ossia l’identificazione di sé stess3 in quanto appartenenti ad uno dei generi come uomo, donna, o altre identità come non binaria, agender o gender fluid (a titolo esemplificativo).
²binarismo di genere: visione dell’essere umano suddivisa in soli due generi, uomo e donna, negando ogni altra “sfumatura di grigio”.

1 commento su “#IoSono, Voglio Essere Me”

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